Il Tribunale di Avellino, con un’ordinanza dell’11.6.2020 destinata a fare scuola, ha rigettato il ricorso presentato da due consiglieri comunali di minoranza ai sensi dell’art. 22 d.lgs. 150/2011, volto a far dichiarare l’incompatibilità del nominato Vicesindaco per vincoli di affinità con il Sindaco medesimo.
Com’è noto, l’art. 64, comma 4, del Testo Unico sugli Enti Locali stabilisce che “… il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia”. L’affinità è disciplinata, invece, dall’art. 78 c.c., ai sensi del quale “L’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge … Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo”.
I ricorrenti assumevano, con un’interpretazione puramente letterale delle norme in questione, che l’affinità non terminasse con la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Eppure tale tesi si affidava completamente ad un automatismo interpretativo che non teneva in debito conto la circostanza che all’epoca della redazione della norma in parola l’istituto del divorzio non esisteva neppure nell’ordinamento italiano.
È lapalissiano che il legislatore del Codice Civile (del 1942) non volesse espressamente escludere che l’affinità cessasse con il divorzio, poiché, al momento della elaborazione della norma, tale istituto non esisteva neppure (essendo stato disciplinato dalla l. 898/1970).
Deve essere respinta, dunque, una interpretazione letterale dell’articolo, in favore di un’interpretazione costituzionalmente orientata che dia maggior peso all’evoluzione del tessuto sociale italiano. In questo senso, la stella polare è rappresentata dall’art. 3 della Costituzione, con riguardo al principio di uguaglianza formale e sostanziale; e dall’art. 51, che garantisce l’accesso ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza.
Il ragionamento del Tribunale di Avellino è tanto semplice quanto rivoluzionario: così come la nullità del matrimonio, anche il divorzio determina la cessazione del vincolo coniugale; di conseguenza, se fa cessare lo stato di coniugio, fa cessare anche il vincolo di affinità (che potrebbe precludere l’accesso alle cariche politiche dell’amministrazione comunale e/o provinciale).
La tesi della incompatibilità anche in caso di divorzio e cessazione del coniugio finirebbe, infatti, per comprimere irragionevolmente il diritto costituzionale del libero accesso alla vita politica per una persona che ha adottato tutti i “rimedi” consentiti dal nostro ordinamento per troncare i rapporti con l’ex coniuge.
Infine, il Testo Unico degli Enti Locali ha lo scopo di tutelare il principio di imparzialità: se il divorzio fa cessare tutti i legami tra i coniugi (ed anche il vincolo di affinità tra i parenti degli stessi), il rischio di commistioni e conflitto d’interessi diventa inesistente, rendendo superflue le precauzioni adottate dal legislatore sul punto.
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