Articolo scritto dall’Avv. Paolo Palmieri per la rivista online CyberLaws.it e reperibile qui.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre lo spunto per approfondire gli aspetti legati al diritto d’autore ed all’intelligenza artificiale, anche alla luce dell’esplosione di ChatGPT e di numerose altre piattaforme che implementano sistemi di AI.
Diritto d’autore e AI
Com’è noto, la protezione della legge sul diritto d’autore n. 633/1941 è concessa solo alle opere che presentano carattere creativo, ossia che esprimono la personalità creativa dell’autore. In altre parole, l’opera deve essere originale e nuova (ossia apportare qualcosa che prima non esisteva).
La tutela del diritto d’autore si scontra, pertanto, sia con la difficoltà di misurare l’apporto creativo, che con la difficoltà dell’accertamento circa la novità dell’opera, da effettuarsi mediante un esercizio di comparazione particolarmente complesso; anche perché, in Italia, le opere dell’ingegno sono protette a prescindere da una formale registrazione, ma per il solo fatto di essere state create.
Nonostante si parli di intelligenza artificiale ormai da decenni, negli ultimi mesi il tema è diventato ancora più caldo grazie al lancio di ChatGPT e di numerosissime altre piattaforme basate sull’AI. I sistemi di intelligenza artificiale, oramai, stanno raggiungendo livelli di autonomia sempre più avanzati, oltre ad essere alla portata di un semplice click da parte di chiunque.
Tecnicamente, in ambito europeo la definizione di intelligenza artificiale proposta dalla Commissione UE è la seguente: “… un software sviluppato con una o più delle tecniche e degli approcci elencati nell’allegato I, che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono” (art. 3, n. 1) COM/2021/206).
Input e output delle AI
Occorre affrontare, dunque, il rapporto tra le AI ed il diritto d’autore, sia sul fronte degli input (ovvero dello sfruttamento della mole di dati da cui le AI apprendono per generare i propri output) che degli output (ovvero del contenuto prodotto dalle AI). Infatti, le AI sono tanto più “realistiche” quanto maggiori sono i dati immessi nel software generativo; così, ad esempio, è notizia recente che Getty Images abbia citato in giudizio nel Regno Unito la società proprietaria di Stability AI, accusandola di aver copiato ed elaborato illegalmente le sue immagini protette da copyright al fine di “addestrare” il suo sistema di intelligenza artificiale.
Viceversa, lato output occorre indagare se il contenuto elaborato dai software di AI sia tutelabile dal diritto d’autore oppure no, essendo sì delle opere derivanti da elaborazioni algoritmiche, ma comunque frutto di istruzioni impartite a monte dall’elaboratore o dall’utente.
La realizzazione di opere “nuove e originali”, non ricollegabili direttamente al cervello umano, offre numerosi spunti di riflessione, anche perché, come spesso accade, le nostre norme non riescono a stare al passo con l’incredibile evoluzione tecnologica del nostro presente.
Con ChatGPT si possono generare risposte a quesiti complessi, si possono scrivere articoli (chissà, forse anche questo mio pezzo…), romanzi, codici algoritmici, e perché no, contratti… Gli stessi creatori di ChatGPT (OpenAI) hanno elaborato Dall-E, in grado di generare in pochi secondi immagini ed opere artistiche partendo da una banalissima frase di input; lo stesso dicasi per Midjourney o Generated Photos.
In questi casi, i contenuti generati da questi software sono tutelabili in base alle norme sul diritto d’autore? La paternità spetta all’uomo o al software?
Uno sguardo alle norme
Ad oggi, l’interpretazione maggioritaria tenderebbe a non qualificare la macchina come autore dell’opera.
Ai sensi della Convenzione di Berna, il trattato alla base di quasi tutte le norme internazionali sul diritto d’autore, non c’è un chiaro collegamento fra autore e opere protette, anche se si stabilisce che la paternità dell’opera e gli inerenti diritti patrimoniali spettino agli “autori” (artt. 2, 3, 6 bis).
La Direttiva europea 2001/29/CE (Direttiva Infosoc o Copyright) non definisce con chiarezza la figura dell’autore delle opere protette, anche se introduce un concetto più ampio di creatore dell’opera, inteso sì come “essere umano”, ma anche come “autore dell’opera o qualunque altro titolare di diritti”.
Sul punto è intervenuta anche la Corte di Giustizia UE con la sentenza nella controversia C-140/10 Painer / Standard Verlags GmbH, che incidentalmente ha evidenziato come solo le creazioni umane possano essere protette dal diritto d’autore, ma con qualche spiraglio: anche le opere sviluppate da un algoritmo elaborato dagli uomini e trasformate in un contenuto tramite AI potrebbero astrattamente godere di questa protezione.
In altre parole, l’output generato dall’AI è espressione della creazione intellettuale dell’autore, e di regola solo un essere umano potrebbe averne la paternità.
Ma se nel contributo creativo dell’uomo c’è stato un concorso, anche pregnante, dell’AI?
La sentenza della Corte di Cassazione
Come anticipato, di recente la Corte di Cassazione (sentenza n. 1107/2023) ha avuto modo di pronunciarsi, sebbene incidenter tantum, sulla violazione del diritto d’autore su di un’opera realizzata tramite l’utilizzo di un programma per elaboratore (non propriamente una AI).
Il caso: l’attrice assumeva di essere la creatrice dell’opera grafica «The scent of the night», e lamentava la violazione del diritto d’autore sull’opera da parte della RAI, per averla utilizzata senza consensi e pattuizioni come scenografia del Festival di Sanremo 2016. In primo grado, il Tribunale di Genova accertava la paternità dell’opera in capo all’attrice e condannava la RAI al risarcimento del danno in € 40.000,00; la Corte d’Appello respingeva il gravame con aggravio di spese, specificando come “… un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore”, e sostenendo che l’immagine, ancorché elaborata da un software, non era una semplice riproduzione di un fiore, ma ne comportava una vera e propria rielaborazione, perciò meritevole di tutela autorale per il suo carattere creativo.
Solo con il ricorso per cassazione, e per la prima volta, la RAI contestava l’errore nella qualificazione dell’opera come frutto di ingegno e creatività, perché invece frutto di una “semplice” generazione tramite programma per elaboratore, e dunque (a suo dire) non attribuibile a una idea creativa dell’“autrice”; in altre parole, la pretesa autrice avrebbe solamente scelto un algoritmo da applicare, e approvato a posteriori il risultato generato dalla macchina.
Come anticipato, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il motivo perché introduce per la prima volta in sede di legittimità una questione nuova non trattata nel giudizio di merito. Epperò la Suprema Corte, incidenter tantum, conferma come l’utilizzo di un software per generare l’immagine sia astrattamente compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno, il cui apporto creativo è solo da scrutinare con maggior rigore.
In altre parole, qualora la RAI avesse eccepito in primo grado detta questione, il giudice di merito avrebbe potuto e dovuto accertare in fatto se, ed in quale misura, l’utilizzo del programma per elaboratore (o, in futuro, dello strumento di AI) avesse assorbito l’elaborazione creativa dell’artista che se ne era avvalsa.
Ma, come detto, la Corte ammette di non poter affrontare dettagliatamente i temi, “… per ora inesplorati nella giurisprudenza di questa Corte”, della cosiddetta arte digitale quale opera o pratica artistica che utilizza la tecnologia digitale come parte del processo creativo o di presentazione espositiva.
Conclusioni
È chiaro, dunque, che la quantificazione dell’apporto creativo dell’uomo nel processo generativo dell’opera realizzata con AI sarà dirimente qualora si debba assicurare o meno la tutela del diritto d’autore per le opere generate tramite o con l’aiuto di modelli di intelligenza artificiale.
In attesa dell’eventuale implementazione di nuove norme in materia di diritto d’autore che riconoscano l’uso dell’AI nella creazione di opere originali, ad oggi, appare difficile attribuire la tutela autorale ad opere frutto di una semplice elaborazione automatizzata dell’algoritmo posto alla base dell’AI; diverso il caso in cui l’autore riesca a provare che l’intervento dell’AI sia stato solo uno strumento all’interno di un processo creativo più articolato.
D’altro canto, è lo stesso “ChatGPT” a ritenere che “una riflessione approfondita sull’impatto dell’AI sulla legge sul diritto d’autore è di fondamentale importanza per affrontare le nuove sfide che la tecnologia sta portando in questo settore” (cit.).
Riferimenti
https://newsroom.gettyimages.com/en/getty-images/getty-images-statement
https://it.scribd.com/document/624165761/Getty-Lawsuit-Against-Stable-Diffusion
Convenzione Universale sul Diritto d’Autore, adottata a Berna nel 1886.
Direttiva europea 2001/29/CE (Direttiva Infosoc o Copyright).
Corte di Giustizia UE, sentenza nella controversia C-140/10 Painer / Standard Verlags GmbH.
Cass. Civile Ord. Sez. 1 n. 1107/2023, pubblicata il 16.1.2023.