Il problema degli incidenti stradali dovuti alla guida sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti ha richiamato l’attenzione del legislatore, il quale ha progressivamente inasprito la risposta sanzionatoria nel caso in cui si ci ponga alla guida in condizioni psico-fisiche alterate.
In questo podcast dell’Avv. Giovanna Palmieri affrontiamo la risposta dell’ordinamento alle trasgressioni del C.d.S. e gli ultimi arresti in tema di accertamento delle violazioni, cercando di dare alcune risposte alle domande più frequenti degli automobilisti.
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Versione testuale
Il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool o di sostanze stupefacenti
Il problema degli incidenti stradali dovuti alla guida sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti ha richiamato l’attenzione del legislatore, il quale ha progressivamente inasprito la risposta sanzionatoria nel caso in cui si ci ponga alla guida in condizioni psico-fisiche alterate. Questo contributo opererà una sintesi in tema che va dalla risposta dell’ordinamento alle trasgressioni del C.d.S. agli ultimi arresti in tema di accertamento delle violazioni.
Volendo riassumere brevemente la disciplina e le sanzioni relative alla guida in condizioni psico-fisiche alterate, generalmente esse vanno dalla semplice sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, fino all’arresto e alla revoca della patente.
La guida sotto l’influenza di sostanze alcolemiche
In particolare, quanto all’abuso di alcool, è consentito mettersi alla guida con un tasso di alcolemia di massimo 0,5 g/litro. La guida con un tasso di alcol nel sangue superiore a questo limite viene punita molto severamente, con sanzioni elevate, decurtazione di 10 punti della patente e sanzioni accessorie ancora più severe. Se poi il tasso è oltre 0,8 g/litro guidare diventa reato. Per alcune categorie, tuttavia, il limite è pari a zero, nello specifico: conducenti con meno di 21 anni; neopatentati (per i primi tre anni dal rilascio della patente); conducenti professionali nell’esercizio dell’attività lavorativa.
Il Codice della Strada prevede delle sanzioni molto severe che variano a seconda della quantità di alcol nel sangue:
- Se il tasso alcolemico va da 0,5 a 0,8 g/l è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 544,00 a € 2.174,00 e la patente viene sospesa per un massimo di sei mesi;
- Se il tasso alcolemico va da 0,8 a 0,15 g/l l’ammenda va dagli € 800,00 ai € 3.200,00 e l’arresto fino a 6 mesi la patente viene sospesa per un massimo di un anno;
- Se il tasso alcolemico è superiore a 1,5 g/l l’ammenda va da € 1.500,00 a € 6.000,00 e la patente viene sospesa fino ad un massimo di sei anni e in casi più gravi è previsto l’arresto fino ad un anno.
Qualora il conducente in contravvenzione fosse alla guida di un veicolo di cui non è proprietario il periodo di sospensione della patente viene raddoppiato.
Nel caso in cui si provochi un incidente stradale a causa dell’alta quantità di alcool nel sangue, tutte le sanzioni sopra vengono raddoppiate e il veicolo viene messo in stato di fermo per 180 giorni.
La revoca della patente di guida
La patente di guida è sempre revocata quando:
- le violazioni sono commesse da conducenti di autobus o di veicolo destinato a trasporto merci (con massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate), per queste categorie c’è infatti l’obbligo di avere un tasso alcolemico pari a zero;
- in caso di recidiva, entro un periodo di due anni (la stessa persona compie la medesima violazione in un arco di tempo inferiore a un biennio).
- La revoca della patente viene inoltre disposta quando il conducente ha tasso alcolemico superiore a 1,5 g/litro o è sotto l’effetto di stupefacenti.
In caso di guida in stato di ebrezza chi provoca un sinistro stradale può restare privo di patente di guida per un periodo di 3 anni (o più). Il C.d.S. prevede che nel caso di revoca della patente, il conducente non potrà conseguire una nuova licenza di guida prima di tre anni a partire dal momento in cui il reato è accertato.
Materialmente quanto si può bere per non superare i limiti consentiti dalla legge? In linea di massima, per un uomo di media corporatura dovrebbe essere possibile rimanere sotto il tasso alcolemico di 0,5 g/litro con 1 birra o 1 calice di vino se a stomaco vuoto (qualcosa in meno per le donne) e circa il doppio a stomaco pieno. Per le donne la tolleranza è sempre minore.
È possibile opporsi all’alcool test?
Innanzitutto, va detto che non è consentito opporsi all’alcool test, anche nel caso in cui si sia certi di non aver bevuto. Chi, su richiesta delle Forze dell’Ordine, rifiuti di effettuare il test, commette reato ed incorre nell’ammenda corrispondente al massimo livello di alcolemia, quindi superiore a 1,5 (grammi per litro). Il consiglio è quindi quello di sottoporsi all’alcool test, sempre e comunque.
La guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti
Quanto alla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, il C.d.S. prevede che “Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da € 1.500 a € 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno”.
All’accertamento del reato consegue inoltre la sospensione della patente da uno a due anni e la confisca del veicolo. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la sospensione della patente è raddoppiata.Anche per l’ipotesi di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti sono previsti aumenti di sanzioni nel caso in cui il conducente sia neopatentati e per i guidatori con meno di 21 anni.Anche qui è’ prevista la possibilità di convertire la pena pecuniaria e quella detentiva con i lavori di pubblica utilità e con la partecipazione ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo di pari durata della sanzione detentiva irrogata e – per quanto concerne la pena pecuniaria – ragguagliando € 250,00 ad un giorno di lavoro di pubblica utilità. Tale possibilità viene esclusa nell’ipotesi in cui il conducente causi un incidente.
L’accertamento della guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti
Quanto all’accertamento della guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, esistono due tipi di accertamento:
- Il primo, in cui la Polizia Stradale può sottoporre il conducente ad accertamenti non invasivi, attraverso l’utilizzo di strumenti appositi.
- Il secondo, invece, consiste nell’accertamento specifico della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Gli accertamenti non devono essere invasivi per il conducente poiché vengono effettuati mediante l’uso di apparecchi portatili o attraverso il controllo visivo-percettivo del soggetto come ad esempio l’arrossamento degli occhi, la lentezza nei riflessi, la difficoltà a parlare o a camminare, etc.
Nel momento in cui la prima modalità di accertamento abbia come risultato la positività, il soggetto può essere sottoposto ad esami istantanei tossicologici precisi su campioni di mucosa come ad esempio l’esame del “tempone”. Se il conducente si rifiuta di sottoporsi al prelievo istantaneo e se il conducente del veicolo viene coinvolto in un incidente stradale, la Polizia lo accompagna nelle strutture sanitarie per effettuare il prelievo di campioni liquidi biologici per accertare la presenza o meno di sostanze stupefacenti nel corpo.
L’effettiva incidenza delle sostanze stupefacenti
Quanto alla guida in stato di intossicazione da stupefacenti, la Corte di Cassazione ha chiarito che per essere penalmente responsabili per il reato qui in discussione non basta essersi messi alla guida dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti ma che l’aver assunto sostanza drogante abbia effettivamente determinato un’alterazione delle capacità psicofisiche del soggetto tanto da mettere in pericolo persone terze. Nello specifico, “La condotta tipica del reato previsto dall’art. 187, commi primo e secondo, C..d.S. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato d’alterazione causato da tale assunzione”.
Il Tribunale di Salerno con una sentenza depositata nel mese di luglio scorso, ha confermato tale dictum, stabilendo che non si configura il reato di guida sotto effetto di sostanze stupefacenti qualora il prevenuto non viene sottoposto a visita medica finalizzata ad accertare lo stato di alterazione psico-fisica al momento della guida; ciò in quanto la condotta tipica del reato previsto dall’art. 187, commi primo e secondo, C.d.S. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Perché possa, dunque, affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente ricorrere ad elementi sintomatici esterni o al mero esame delle urine in quanto non provano l’attualità degli effetti dell’intossicazione.
Gli accertamenti sono inviati al Prefetto, che prevede per il conducente una visita medica. Dispone poi la sospensione in via cautelare della patente fino all’esito dell’esame di revisione.
È possibile opporsi agli accertamenti clinici?
Ma cosa succede se in questo caso vi è il rifiuto del soggetto a sottoporsi ad accertamenti clinici? Anche qui arrivano importanti precisazioni dalla giurisprudenza.
Nel nostro ordinamento costituisce reato il rifiuto di sottoporsi ad accertamenti clinici diretti a verificare l’assunzione di sostanze stupefacenti se il controllo avviene mentre si è alla guida di un veicolo, però, non è sufficiente il solo invito a sottoporsi agli accertamenti di cui sopra. È necessario, altresì, che l’agente operante abbia un ragionevole motivo di ritenere che la persona sottoposta al controllo versi in uno stato di alterazione psico-fisica dovuto all’assunzione di sostanze stupefacenti. Prima di “costringere” la persona fermata a sottoporsi ai controlli tossicologici – gli agenti operanti devono rispettare un procedimento ben determinato solo a seguito del quale il reato di rifiuto assume una vera e propria consumazione del reato. Spesso – nell’immediatezza del controllo della persona – non è verbalizzata alcuna realistica sintomatologia a carico dei nostri assistiti da cui possa desumersi un pregresso uso di sostanza stupefacente che abbia indotto ragionevolmente gli agenti operanti a richiedere l’accompagnamento della persona fermata per le opportune analisi presso un ospedale.
Come risulta, infatti, dal testo del Codice della Strada, riassumendo la farraginosa disciplina contenuta nella norma, sussiste un obbligo (penalmente rilevante) di sottoporsi ad accertamenti clinici in strutture sanitarie quando:
- il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti “qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili” (art. 187, comma 2);
- il conducente risulti positivo a tali accertamenti e non sia possibile effettuare esami “analitici su campioni di mucosa del cavo orale” (combinato disposto dell’art. 187, comma 2-bis e comma 3);
- ovvero risulti in condizioni tali da ingenerare “ragionevole motivo” che si trovi sotto l’effetto di sostanza stupefacente e non sia possibile effettuare esami “analitici su campioni di mucosa del cavo orale” (combinato disposto dell’art. 187, comma 2-bis e comma 3).
In definitiva il legislatore ha più analiticamente stabilito la tipologia degli accertamenti invasivi che possono essere eseguiti ed ha concentrato la loro esecuzione, prima demandata soprattutto alle strutture sanitarie dove il conducente doveva essere accompagnato in caso di positività dei test strumentali, al personale medico delle forze di polizia.
Il rifiuto a sottoporsi agli accertamenti finalizzati alla verifica dello stato di alterazione derivante dall’uso di sostanze stupefacenti presso una struttura sanitaria è tale da integrare il reato previsto dall’art. 187, comma 8, C.d.S. solo se gli operanti, nell’avanzare la richiesta di accertamento, si siano attenuti al rispetto della procedura di legge: che consente l’accompagnamento presso la struttura sanitaria solo laddove l’accertamento effettuato mediante apparecchi portatili abbia dato esito positivo ovvero laddove si abbia altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (da queste premesse, è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna in una fattispecie in cui gli operanti, sprovvisti di strumenti di rilevazione portatile, avevano chiesto all’imputato – che si era rifiutato – di farsi scortare presso una imprecisata struttura sanitaria per sottoporsi ai prelievi, senza che sussistesse alcun elemento fattuale che lasciasse sospettare uno stato di intossicazione per assunzione di sostanze stupefacenti). Quindi da questa pronuncia della Cassazione del 2017 si può dedurre che il conducente può rifiutarsi di effettuare il test preliminare per verificare se sia o meno sotto l’effetto di sostanze stupefacenti nel momento in cui non sussistono elementi che rimandino ad uno stato di alterazione psicofisica.
Altro elemento importante: è bene sapere che Secondo la Corte di Cassazione, il reato di rifiuto non si configura nel caso in cui un soggetto rifiuti un tipo di prelievo (come quello del sangue) acconsentendo ad un altro prelievo sufficiente, a sua volta, a dimostrare l’assunzione dello stupefacente. La norma sanziona, infatti, la condotta di chi vuole osteggiare o, comunque, eludere deliberatamente l’accertamento di una condotta penalmente rilevante, quale la guida in stato di alterazione per aver assunto sostanze stupefacenti. Quindi, laddove il soggetto non voglia sottoporsi ad un accertamento, acconsentendo ad altro, secondo la giurisprudenza non si è in presenza di una sorta di rifiuto parziale o condizionato che possa costituire il reato di cui all’art. 187, comma 8, C.d.S..