Cosa si intende per violenza domestica e quali sono gli strumenti di tutela a favore delle vittime di violenza in questo periodo di emergenza legato al Coronavirus?
Ce ne parla l’Avv. Giovanna Palmieri, in questo podcast.
Buon ascolto.
Versione testuale
La tutela delle vittime di violenza domestica ai tempi del Coronavirus
L’emergenza legata al Coronavirus ha modificato la quotidianità delle relazioni umane, innescando dinamiche correlate alla necessaria permanenza nella casa familiare.
Le misure approvate per contrastare l’emergenza possono avere, infatti, un notevole impatto sulle crisi familiari già in atto, andando in un certo senso ad aggravare il triste fenomeno della violenza domestica.
Occorre sottolineare che in questo periodo le chiamate ai centri antiviolenza si sono drasticamente ridotte, e alcune Procure hanno fatto sapere che vi è stata una sensibile diminuzione delle denunce per maltrattamenti.
Questo calo non vuol dire certo che tale fenomeno sia regredito, ma piuttosto è valutabile come il «segnale di una situazione nella quale le vittime di violenza hanno maggior timore di denunciare per non trovarsi ancora più esposte al controllo e all’aggressività del partner».
Non è certo facile chiamare un numero verde per chiedere aiuto quando il tormentatore è al tuo fianco.
Altro timore delle vittime è quello di essere costretti a lasciare la propria abitazione a seguito della denuncia, per entrare in una struttura di accoglienza, con tutte le paure legate anche al rischio contagio. Il nostro ordinamento giuridico, a tal proposito, prevede misure atte a scongiurare il rischio che, in conseguenza di una denuncia per violenza domestica, siano le vittime a dover lasciare la propria abitazione, anziché il carnefice.
Cos’è la violenza domestica?
In ambito giuridico penale, nella violenza domestica rientrano una serie di reati che esprimono ipotesi di violenza fisica e psicologica nei confronti dei familiari. Ad esempio, vi rientrano i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); le lesioni personali (art. 582 c.p.); la violenza sessuale (art. 609-bis e 609 ter c.p.); gli atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.); la minaccia aggravata (art. 612, comma 2) e gli atti persecutori (stalking) (art. 612 bis c.p.).
Si tratta di reati puniti con sanzioni molto severe, per i quali è quasi sempre consentito (in taluni casi è addirittura obbligatorio) l’arresto in flagranza.
Quali sono le misure a sostegno delle vittime di violenza?
- E’ attivo (24 ore su 24) il c.d. “Telefono Rosa”, ossia il numero gratuito antiviolenza 1522. Quando si chiama questo numero risponde un operatore che, nei casi di emergenza, può veicolare una richiesta di intervento alle forze di Polizia, direttamente alle sale operative.
- In alternativa si può contattare il 112 o utilizzare la App “YouPol”. Tra le iniziative più interessanti c’è questa applicazione già usata per contrastare altri fenomeni criminali che è stata aggiornata in modo da consentire agli utenti di segnalare eventuali reati di violenza domestica. Si può chattare direttamente con la Polizia di Stato in sala operativa, trasmettendo in tempo reale, messaggi e immagini, anche in forma anonima. È uno strumento davvero utile poiché, se le forze dell’ordine arrivano e colgono la violenza in flagranza o “quasi” flagranza, possono subito procedere con l’arresto e l’allontanamento immediato.
Gli strumenti che assicurano alle vittime di questi reati una tutela immediata, prima del procedimento penale
Il nostro codice di rito configura, tra le misure cautelari, l’allontanamento dalla casa familiare.
Questa misura consiste nella prescrizione nei confronti degli indagati e degli imputati per tali fatti, di “lasciare immediatamente la casa familiare” o di “non farvi rientro” o di “non accedervi” senza l’autorizzazione del Giudice.
In caso di particolari esigenze di cautela, il Giudice può estendere la portata della misura vietando l’avvicinamento dell’indagato/imputato a determinati luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa.
Inoltre, su richiesta del pubblico ministero, il Giudice può ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati.
Nei casi più gravi, ancora prima dell’intervento del giudice, è poi prevista la possibilità, che la misura dell’allontanamento dalla casa familiare possa essere adottata, in via d’urgenza, anche dalla polizia giudiziaria, previa autorizzazione del pubblico ministero (autorizzazione che potrà essere data in forma scritta, oppure orale, o per via telematica).
Ciò avviene ad alcune condizioni:
1) quando il soggetto è colto in flagranza di reato, cioè nell’atto di commettere il reato; o in quasi flagranza, ossia quando, ad esempio, è inseguito subito dopo, oppure è sorpreso con cose o tracce del reato commesso immediatamente prima;
2) ci sono fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate.
Se il soggetto non rispetta le prescrizioni imposte, il Giudice che ha disposto l’allontanamento potrà sostituirlo con una misura più grave, ad esempio, con la misura della custodia cautelare in carcere.
Inoltre, chi non rispetta la misura in esame commette un nuovo e diverso reato introdotto nel c.p. nel 2019 all’interno del noto intervento normativo chiamato “codice rosso”.
In base a tale norma, chi viola la misura dell’allontanamento verrà punito, per ciò solo, con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Le misure diverse da quelle penali
Ci sono misure diverse da quelle penali, che presentano il vantaggio di superare la ritrosia che ha normalmente la vittima a denunciare o querelare il familiare violento.
Si tratta degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. Ai sensi dell’art. 342 bis c.c. “quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice civile, su istanza di parte, può adottare con decreto questi ordini di protezione che sono appunto dei provvedimenti con cui dispone l’allontanamento del coniuge o del convivente dalla casa familiare, oltre all’adozione di altre misure” (intervento dei servizi sociali, versamento di somme per il sostentamento del coniuge o dei familiari etc.).
In circostanze normali, per ottenere tale provvedimento occorre presentare un ricorso per l’adozione dell’ordine di protezione, a seguito del quale il Giudice fissa l’udienza per la comparizione delle parti, e, all’esito, emette la decisione.
Tenuto conto però della situazione di forzata convivenza legata alla pandemia, nella Relazione sulle possibili soluzioni per prevenire e contrastare la violenza domestica consultabile sul sito del Senato si raccomanda di valutare l’emanazione dell’ordine di protezione inaudita altera parte. In altre parole, vista la situazione di pericolo, il Giudice potrà adottare immediatamente l’ordine di protezione, fissando l’udienza di comparizione davanti a sé solo successivamente. Nel frattempo, se necessario, potrà sentire come informatori i vicini di casa o i familiari che possano riferire sui fatti di violenza, ovvero acquisire i verbali delle Forze dell’Ordine. In questo modo la vittima di violenza domestica viene tutelata dal rischio di dover forzatamente convivere con l’autore della violenza, perché prima si procede con l’allontanamento, e poi si instaura il contraddittorio tra le parti, quindi ad allontanamento già eseguito.
Conclusioni
Le misure per proteggere le vittime di violenza domestica esistono e sono efficaci; dunque, è sempre consigliabile che le vittime di violenza, sia fisica che psicologica, uomini o donne che siano, denuncino queste condotte delittuose e contattino il loro legale di fiducia.