Il recente Decreto dirigenziale n. 30 del 15/03/2018 della Direzione generale per le politiche agricole, alimentari e forestali della Regione Campania, con il quale è stato aggiornato l’elenco regionale della menzione “vigna” per la campagna vendemmiale 2017/2018, ci offre qualche spunto per approfondire la tematica delle menzioni tradizionali.
Che cosa sono le menzioni tradizionali?
Innanzitutto, occorre precisare che le menzioni sono tradizionalmente utilizzate nell’Unione per fornire ai consumatori informazioni sulle caratteristiche e sulla qualità dei vini complementari alle informazioni fornite dalle denominazioni di origine e dalle indicazioni geografiche protette. La tutela prevista, dunque, a livello comunitario con il Reg. UE 1308/2013 serve ad assicurare il funzionamento del mercato interno e pari condizioni di concorrenza, al fine di evitare che i consumatori siano indotti in errore.
L’art. 112 del Regolamento definisce e tutela le “menzioni tradizionali” come espressioni usate per indicare che il prodotto reca una denominazione di origine protetta (DOP) o un’indicazione geografica protetta (IGP) dal diritto unionale o nazionale. Ma non solo.
All’interno delle generiche menzioni tradizionali, troviamo le “menzioni geografiche”, che servono proprio ad indicare che il prodotto vino reca una denominazione di origine o una indicazione geografica (che, ricordiamo, sono sempre legate ad un luogo geografico), ma anche un metodo di produzione, un evento, il tipo di luogo, o ad esempio la qualità.
Quindi all’interno delle menzioni rientrano non solo le DOP o l’IGP, ma anche i termini classico, riserva, e tutto ciò che ha una capacità distintiva.
Ad esempio, nell’espressione “Brunello di Montalcino”, il termine Brunello non indica un nome geografico; ma deriva da antichissime tradizioni che lo designavano come tale, e quindi, al fine di tutelare la sua distintività, è stato protetto come menzione particolare.
Menzioni ed etichettatura
La disciplina delle menzioni si lega a stretto giro con l’etichettatura dei vini.
L’etichettatura è disciplinata dal Reg. UE 1308/2013, dal Reg. UE 1169/2011, ed ovviamente, oggi, da Testo Unico sul Vino, l. 238/2016. Norme secondarie sono poi previste all’interno dei disciplinari di produzione.
La particolare tutela accordata alla disciplina dell’etichettatura è dovuta alla diretta incisione sulle scelte del consumatore. Oltre alla tutela del consumatore, le regole di etichettatura servono a prevenire episodi di concorrenza sleale ed a tutelare la fede pubblica sul prodotto vino.
Come si intreccia l’etichettatura con la disciplina delle menzioni? L’art. 31 l. 238/2016, rubricato Specificazioni, menzioni, vitigni e annata di produzione, dispone, tra l’altro, che:
- La specificazione “classico” per i vini non spumanti DO e la specificazione “storico” per i vini spumanti DO è riservata ai vini della zona di origine più antica;
- La menzione “riserva” è attribuita ai vini a DO che siano stati sottoposti a un periodo di invecchiamento, compreso l’eventuale affinamento, non inferiore a due anni per i vini rossi ed un anno per i vini bianchi; un anno per i vini spumanti ottenuti con metodo di fermentazione in autoclave denominato “metodo Martinotti”, e tre anni per i vini spumanti ottenuti con rifermentazione naturale in bottiglia;
- La menzione “superiore” è attribuita ai vini a DO aventi caratteristiche qualitative più elevate dovute a regole più restrittive, ad esempio di resa per ettaro;
Per quanto riguarda, invece, la menzione “vigna” ei suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, suddetto articolo prevede che “può essere utilizzata solo nella presentazione o nella designazione dei vini a DO ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, purché sia rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall’articolo 37 e a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente e che sia previsto un apposito elenco tenuto e aggiornato dalle regioni mediante procedura che ne comporta la pubblicazione”. Infine, solo per la menzione “vigna” non è necessario che tale indicazione sia prevista nei disciplinari di produzione, a differenza di tutte le altre menzioni.
L’elenco della menzione “vigna” in Campania
Chiarito il procedimento necessario per l’inserimento della menzione vigna in etichetta, analizziamo il caso campano.
Con Decreto dirigenziale n. 30 del 15/03/2018, è stato aggiornato “l’Elenco Regionale menzioni “Vigna” della campagna vendemmiale 2017/2018 in virtù delle richieste di utilizzo della menzione “Vigna” pervenute alla UOD 50 07 06 ai sensi del Decreto legislativo n. 61/2010 all’art. 6, comma 8 e dei DRD n. 435 del 16/11/2011 e DRD 478 del 27/11/2012, come riportato nell’allegato 1”.
Occorre sottolineare, però, la grave imprecisione del Dirigente responsabile, che in tutto il decreto fa riferimento al d.lgs. n. 61/2010, espressamente abrogato dall’art. 91 del Testo Unico sul Vino a partire dalla data della sua entrata in vigore.
Detto questo, l’allegato al decreto è un chiaro esempio di elenco pubblico dei toponimi e dei nomi tradizionali che includono la menzione “vigna”: c’è la denominazione, il “nome” della vigna (se toponimo, o nome tradizionale), il comune, il foglio e la particella, e l’azienda.
In altre parole, solo le aziende che ne hanno fatto richiesta e che sono state dunque inserite nell’apposito elenco aggiornato annualmente dalla Regione di appartenenza, possono indicare in etichetta la vigna di provenienza dell’uva.